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febbraio 2010
LA CICOGNA E GLI UCCELLI MIGRATORI
Le migrazioni – Seconda parte
Tipi di migrazione

Esistono diversi tipi di migrazione che sono conseguenza di differenti fattori quali la luce, la temperatura, la presenza di cibo e di predatori; possono essere inoltre giornaliere o legate a periodicità stagionali.
Molti animali compiono migrazioni verticali giornaliere, ad esempio il plancton, ovvero l’insieme di microrganismi acquatici animali e vegetali che popolano le acque di tutti i mari, resta nelle profondità oceaniche nelle ore diurne per poi risalire in superficie nelle ore notturne, ma all’interno del plancton alcuni organismi fanno il percorso inverso. Questo movimento sarebbe dovuto principalmente a motivi legati alla quantità di luce, di nutrimenti e per evitare i predatori.
Le migrazione periodiche sono invece sorte in risposta all’avvicendarsi delle stagioni sulla terra. Vi sono semplici spostamenti verticali che gli organismi compiono in uno spazio ben delimitato dal punto di vista geografico; per esempio diversi animali terrestri durante la stagione calda vivono negli strati superficiali del terreno, mentre in quella fredda tendono a scendere più in profondità, è il caso dei lombrichi, dei grilli e delle lumache. Ma anche organismi più grandi compiono questi spostamenti verticali. Tra i Vertebrati molti pesci, come le murene e le seppie per esempio, trascorrono i periodi caldi nelle acque superficiali allo scopo di riprodursi e d’inverno scendono a grandi profondità. Lo stesso fanno diversi anfibi, tra cui rane e tritoni, alcuni rettili, molti serpenti e lucertole e tra i mammiferi, le talpe e i moscardini. Sebbene non molto comune, anche tra gli uccelli è presente uno spostamento verticale stagionale, simile a quello che compiono i cervi che all’arrivo dell’inverno abbandonano i loro alti pascoli montani e scendono nelle più basse valli; ne sono un esempio il gracchio (Pyrrhocorax graculus), lo spioncello (Anthus spinoletta) e il picchio muraiolo (Tichodroma muraria) che durante la stagione invernale scendono a valle per poter sopravvivere al freddo e alla penuria di cibo.
Nella maggior parte degli animali questi spostamenti verticali sono uniti ad un periodo di inattività comparabile ad un letargo, caratteristica che invece non è propria degli uccelli, animali in genere estremamente attivi anche durante il periodo invernale; esiste però come sempre un’eccezione, il succiacapre di Nuttall (Phalaenoptilus nuttallii), diffuso nel sud-ovest del Nord America, che trascorre l’inverno in un vero e proprio letargo
Ma sono i grandi spostamenti stagionali che affascinano l’uomo. Le grandi distanze che vengono coperte e il senso dell’orientamento insito negli animali migratori, rappresentano qualcosa di veramente straordinario e in certi casi misterioso. Molti Artropodi compiono questo tipo di spostamento: alcuni crostacei, come aragoste e astici, percorrono periodicamente centinaia di chilometri sui fondali degli oceani; similmente la farfalla monarca (Danaus plexippus) migra dal nord del Canada fino alle aree di svernamento del Messico, percorrendo anche 4.000 chilometri. Tra le farfalle europee alcune vanesse (Vanessa atalanta e Vanessa cardui) migrano dal Nord Africa , attraverso il Mediterraneo, fino alle terre scandinave e persino all’Islanda.
Tra i Vertebrati alcuni pesci, tra i quali l’anguilla e il salmone, percorrono migliaia di chilometri per trasferirsi dai luoghi in cui vivono ai luoghi in cui sono nati e nei quali si riproducono; tra gli anfibi, i tritoni percorrono tragitti anche di molti chilometri per riprodursi e tra i rettili vi sono alcune tartarughe marine, come la tartaruga franca (Chelonia mydas), che compiono migrazioni di anche 3.000 chilometri per andare a deporre le uova nelle isole più sperdute dell’oceano.
Altri mammiferi, come foche e balene possono compiere spostamenti di anche 20.000 chilometri; tra le specie terrestri le renne e gli gnu percorrono fino a 1.500 chilometri all’anno.
Gli uccelli però sono, tra tutti gli animali, quelli che compiono le migrazioni più varie e più lunghe; grazie alla loro capacità di spostarsi in aria hanno conquistato tutte le terre del mondo.
Il record di percorso migratorio compiuto durante un anno solare è detenuto dalla sterna codalunga (Sterna paradisaea) che, durante la stagione autunnale, migrando dalle aree di riproduzione situate nelle regioni artiche fino all’Antartico, compie un percorso di circa 22.000 chilometri; annualmente
il percorso totale si aggira intorno ai 40.000 chilometri che per alcuni individui può arrivare fino a 50.000 chilometri annui, cioè il giro completo del globo terrestre ogni anno. Considerando che la sterna codalunga può vivere fino a 25 anni, nell’arco di una intera vita questo uccello potrebbe arrivare a percorrere addirittura un milione di chilometri.
Vi sono anche altri uccelli che raggiungono distanze ragguardevoli, tra questi le procellarie, le cicogne, le berte, alcuni limicoli, cioè quegli uccelli che si alimentano soprattutto nelle distese di sabbia e di fango lasciate scoperte dalla bassa marea, come la pittima minore (Limosa lapponica) e il combattente (Philomachus pugnax), e anche piccoli uccelli come il culbianco (Oenanthe oenanthe) che arrivano a percorrere distanze di anche 30.000 chilometri all’anno.
Ma tra gli uccelli vi sono alcuni che compiono prestazioni di volo non-stop veramente eccezionali: alcuni limicoli asiatici, come il piviere asiatico (Pluvialis dominica) e il piovanello maggiore (Calidris canutus), volano ininterrottamente per 5.000-7.000 chilometri dai quartieri riproduttivi settentrionali a quelli di svernamento nelle Hawaii o in Australia e Nuova Zelanda. In questi voli transoceanici gli uccelli possono raggiungere anche le 100 ore di viaggio consecutive. Anche tra i piccoli uccelli esistono record di voli non-stop, tra questi un piccolo colibrì, Archilochus colubris, riesce a sorvolare il Golfo del Messico senza mai posarsi per anche 1.000 chilometri.
Grazie all’inanellamento di alcuni individui è stato possibile conoscere alcune prestazioni record compiute da oche, limicoli e anche tordi; questi uccelli hanno percorso tra i 600 e i 1.000 chilometri in 24 ore e tra i 3.000 e i 5.000 chilometri in 60-65 ore; per gli uccelli più piccoli, invece, circa 250 chilometri in 24 ore.

I preparativi alla migrazione

Come per ogni viaggio, anche per la migrazione è necessario che l’animale si prepari opportunamente prima della partenza. Per far questo gli uccelli attuano alcuni meccanismi che gli permettono di affrontare questo lungo spostamento nel miglior modo possibile. Innanzitutto compiono una muta delle penne, in modo da averle perfettamente sviluppate e funzionanti sia dal punto di vista aerodinamico che da quello meccanico. Inoltre le penne che hanno la funzione di proteggere e di ricoprire il corpo devono essere perfettamente isolanti contro gli agenti climatici esterni, particolarmente severi a quote elevate e dopo lunghi periodi in aria. I tempi della muta variano da specie a specie, ma comunque devono essere molto veloci e sincronizzati, in modo tale da permettere all’individuo di essere pronto per la partenza al momento giusto; anche un ritardo di pochi giorni potrebbe infatti comportare diversi rischi, soprattutto per gli individui più piccoli e più giovani.
Alcuni giorni prima della partenza gli uccelli cominciano a nutrirsi in maniera abbondante; questa iperfagia gli permette un accumulo di grandi quantità di grasso sottocutaneo che funziona da riserva energetica durante il viaggio. L’accumulo di grasso varia a seconda della specie e dal percorso migratorio che l’individuo deve compiere; un accumulo esagerato per brevi tragitti potrebbe comportare un consumo energetico esagerato durante il volo e ridurre anche la facilità dei movimenti, sottoponendo l’individuo a sforzi inutili e al rischio di essere predato.
Gli uccelli che non migrano, in condizioni normali di alimentazione, posseggono il 3-5% di grasso rispetto alla massa corporea totale; un individuo che si prepara alla migrazione, invece, raggiunge valori del 30-50%, sostanzialmente quasi pari ad un raddoppiamento del proprio peso corporeo.
Esiste un periodo in cui negli uccelli risulta evidente l’avvicinarsi della partenza, esiste un fenomeno comportamentale caratteristico chiamato “inquietudine migratoria” che è controllato, come la muta delle penne e l’accumulo di grasso, da fattori ormonali.
Questo fenomeno è ben noto e facilmente osservabile negli uccelli in gabbia che, all’avvicinarsi del periodo della migrazione, cominciano a mostrare un’agitazione molto evidente, che si manifesta in continui tentativi di fuga e urti ripetuti contro la gabbia. Ciò che innesca i fattori ormonali che inducono poi i cambiamenti morfologici e comportamentali degli uccelli è la variazione del fotoperiodo, cioè il numero di ore di luce giornaliere, che scandisce quindi la lunghezza delle giornate e come conseguenza finale il cambio delle stagioni.

Meccanismi di orientamento

Gli uccelli migrano ogni anno, percorrendo le stesse vie e le stesse rotte che vengono tramandate di generazione in generazione. Ma come fanno ad orientarsi senza mai sbagliare la via di casa?
Questo è sicuramente uno degli aspetti più affascinanti del fenomeno della migrazione; gli uccelli tornano sempre nelle stesse aree da cui erano partiti e alcuni tornano a nidificare nello stesso nido utilizzato l’anno precedente, dopo aver viaggiato per migliaia di chilometri.
Per fare ciò è evidente che gli uccelli utilizzino degli accorgimenti particolari oppure che posseggano al loro interno un qualcosa che li guidi.
Un fattore sicuramente primario è l’utilizzo della vista, senso particolarmente sviluppato in tutti gli uccelli, che permette loro di ricercare e fissare elementi topografici familiari su cui basarsi per riguadagnare la meta; a questo scopo possono servire ad esempio un monte, un fiume, un lago o, oggigiorno, anche costruzioni dell’uomo, come strade, torri e monumenti.
Questa capacità non si è però evoluta solo a scopo migratorio, come dimostrato dal fatto che anche gli uccelli non migratori ricorrono a questa tecnica per riuscire ad effettuare spostamenti rapidi ed efficienti in un’areale ristretto.
Gli uccelli possiedono una specie di bussola interna che permette loro di riconoscere le direzioni cardinali, quindi nord, sud, est e ovest; per riuscire a fare ciò essi utilizzano principalmente due fonti di riferimento: il sole e il campo magnetico terrestre.
Diversi studi hanno accertato l’utilizzo di una bussola magnetica e soprattutto di una bussola solare. Il meccanismo di quest’ultima è piuttosto sofisticato e si basa su un sistema di rilevamento fisiologico con il quale gli uccelli valutano i cambiamenti di azimut che il sole compie nell’arco di una giornata, ovvero le variazioni giornaliere dell’angolo formato dal sole stesso con il punto cardinale sud.
Esperimenti effettuati sui piccioni hanno evidenziato che questo meccanismo si basa sull’esperienza; infatti il piccione deve osservare l’arco che il sole disegna in cielo e imparare ad associare le varie posizioni con i vari momenti della giornata e con la direzione geografica.
In mancanza di sole gli uccelli sfruttano il campo magnetico terrestre e di notte, invece, sembra che si servano anche delle stelle, creandosi una vera e propria mappa stellare.


Testi tratti parzialmente dalla collana “Atlante degli animali” del Corriere della Sera, anno 2006
Gianluca Ferretti

 
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