giugno 2024
GIORGIO NEBBIA
GIORGIO NEBBIA
ECOLOGISTA UTOPICO 1926 – 2019

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Chimico, ambientalista e uomo politico italiano (Bologna 1926 - Roma 2019). Laureato in chimica all’università di Bologna, professore ordinario e poi professore emerito di merceologia presso la facoltà di economia dell'università di Bari, è considerato tra i fondatori dell’ecologia economico-sociale e tra i padri dell’ambientalismo in Italia. I suoi studi sono volti all’analisi del ciclo delle merci, all’utilizzo delle risorse naturali, studiando l'energia solare e la dissalazione delle acque, allo smaltimento dei rifiuti. Nel 1983 è stato eletto alla Camera dei deputati e nel 1987 al Senato per la Sinistra indipendente.

Di formazione culturale poliedrica, dagli studi storico economici alla progettazione di dissalatori solari. Scrive un libro sull’uso delle tecnologie ad energia solare nel 1966, propone tecnologie “dolci” che imitino i processi naturali, propone limiti per le energie dio origine fossile, la preservazione del patrimonio naturale del patrimonio naturale di materie prime. Scrive un compendio sulle risorse idriche nel 1969, oltre ad articoli di divulgazione sulla Gazzetta del Mezzogiorno.

Da fervente cattolico appoggia l’enciclica Gaudium e spes che criticava l’aumento dei beni prodotti solo come ricerca del profitto e del predominio.

Coglie lo sviluppo della lotta di classe:
Nata originariamente come lotta tra i lavoratori oppressi e datori di lavoro oppressori, la lotta di classe vede ora coinvolte classi di oppressi e oppressori che hanno nuovi volti, quella degli inquinati contro gli inquinatori, quelli dei Paesi poveri contro quelli ricchi. Occorre avviare un grande movimento di liberazione per sconfiggere le ingiustizie tra gli esseri umani e con la natura, una nuova protesta per la sopravvivenza.

Negli anni ’60 milita in Italia Nostra, si oppone al piano delle centrali nucleari.
Nel 1983 accetta di essere eletto dal PCI alla Camera ed entra nella Sinistra Indipendente.
Nel dibattito tra crescita e sviluppo propone l’uscita dal mito della crescita, considerata nemica di un mondo pacificato.
Le malattie fisiologiche dei ricchi provengono dall’insoddisfazione, dall’inquinamento, dalla necessità di rapinare le risorse naturali altrui per conservare l’attuale livello di consumi e di sprechi, dalla necessità di stare sempre in una situazione di preguerra per evitare che i poveri si ribellino contro la rapina delle proprie risorse.

Ribalta il rapporto tra ecologia ed economia, dovrebbe essere l’ecologia a guidare l’economia, liberandola dal dominio del PIL, che è espresso in termini monetari ed utilizzando i vincoli fisici della natura.

Da vero professore spiegava i paradossi del semplice “avere il pane”.
… il diritto elementare più importante, quello di nutrirsi. Il cibo più semplice è il pane, prodotto dal frumento. Coltivato nella pianura padana o nei campi canadesi, richiede l’aggiunta di concimi fosfatici provenienti dalle rocce del Marocco trattate con agenti chimici, o con concimi azotati ottenuti per sintesi dal metano importato dal Nord Africa. I raccolti devono essere protetti dall’attacco di parassiti con prodotti chimici e una parte dei concimi e degli antiparassitari finiscono nelle acque dei pozzi da cui “qualcun altro”, un essere umano come noi, da qualche parte, attingerà acqua contaminata. Ecco dunque che il mio diritto di avere il “bene pane” priva qualcun altro del diritto di avere un bene della natura, l’acqua sicura.

Mette in evidenza la distruzione di foreste, l’impoverimento dei paesi poveri, la subalternità delle produzioni alle richieste dei paesi ricchi, che poi esportano le discariche.
Colse con chiarezza le forme del colonialismo senza eserciti, nel quale viviamo guardando dall’altra parte per non vedere i danni che facciamo, la desolazione sulla quale prosperiamo.

In un’intervista del 2019 dice chiaramente che nel mondo politico è scomparsa la visione del futuro, problema comune a tutti gli stati. Secondo chi scrive sembra che solo la Cina abbia un progetto.





Fonti.
Enciclopedia Treccani
Equilibri Magazine
Nuova Ecologia

Folco de Polzer

 
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