febbraio 2024
IL GIARDINO DEL MIO AMICO EMILIO: UN GIARDINO BEN RAGIONATO
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Attraverso un breve percorso a piedi che costeggia un corso d’acqua, dopo un piccolo ponte e tanti bambù, si arriva al giardino del mio amico Emilio.
In primavera e in estate i colori dei cespugli fioriti splendono con varie gradazioni e sapienti accostamenti ma anche in inverno le “palle” arancioni e dorate delle clementine, dei mandarini e delle arance amare, insieme al luminoso giallo dei limoni spiccano tra le varie gradazioni di color verde degli arbusti e degli alberi sempreverdi.

Ci troviamo in Liguria, dove la vegetazione autoctona ricopre la costa (dove è ancora rimasta) e le prime colline con il manto sempreverde della macchia mediterranea formata da associazioni vegetali xerofile e che si accompagna a boschi di latifoglie sempreverdi.

Il secolare intervento dell’uomo si legge nei vicini orti, nei vasti oliveti e nei rimboschimenti di pino.
Qui invece entriamo in un mondo vegetale pensato dalla ragione di un signore che ha desiderato accostare piante autoctone di vari orizzonti vegetali locali, per costruire un insieme armonico dal punto di vista dell’architettura e del colore con grande attenzione alla natura del luogo.

Percorriamo un sentiero selciato tra una siepe di alti bambù sul lato del torrente e quattro alberi di arance amare e mandarini sull’altro lato. Dopo alcuni gradini entriamo nel giardino vero e proprio seguendo un articolato percorso erboso che disegna spazi di varie dimensioni circondati da arbusti di lentischio, mirto, alloro, pitosforo, corbezzolo gelsomini e da alcuni alberi di alto fusto come i pini, lecci, mimose e ulivi. Sono accostamenti voluti e cercati per far dialogare i tempi e i colori delle fioriture e le varie sfumature di verde delle foglie.

Dal percorso centrale si può passare ad altre piccole radure circondate dagli arbusti all’interno delle quali troviamo piante più piccole anche estranee alla macchia come opunzie, agavi, rose, nandine, camelie, bergenie e papiri nelle zone particolarmente umide.
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Questo giardino seppure nato dalla volontà e dalla sensibilità del mio amico nel tempo si è radicato alle particolarità del territorio ed è diventato paesaggio fondamentale di parte di quella piccola valle.
Si alternano luoghi luminosi e ombrosi, soleggiati e umidi creati dalla ragionata alternanza di alberi di alto fusto e arbusti, dovuti dalla presenza del corso d’acqua e delle radure soleggiate.

Ho voluto porre alcune domande al mio amico per capire quale sia il senso di questo piccolo mondo verde, quali siano i principi secondo i quali è stato creato, e quanta passione e pazienza è stata necessaria e quanto è ancora necessaria oggi per la manutenzione.

Quanto tempo è stato necessario per ottenere i risultati di oggi?
Il giardino o bosco/giardino come preferisco chiamarlo ora ha circa trent’anni, ma già dopo un decennio aveva acquistato una sua fisionomia, un po’ diversa da quella di oggi. Infatti i giardini cambiano con il tempo. Non aspettiamoci qualcosa di stabile. Gli alberi sono cresciuti così come i cespugli e le atmosfere si sono fatte più ombrose.

Ci sono stati errori e fallimenti, ma anche sorprese. All’inizio per esempio ho fatto il tipico errore di piantare piante troppo vicine sottovalutando la loro crescita vigorosa, alcune piante non hanno sopportato il clima o la posizione, altre hanno avuto una vita più breve di quanto mi aspettassi. Insomma il giardino è un luogo in movimento che si rinnova cambiando e il giardiniere dovrebbe accondiscendere al cambiamento, non opporsi. Questo naturalmente è un punto di vista.

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Quali sono i criteri fondamentali secondo i quali hai deciso il percorso che attraversa il giardino?
Il terreno su cui è sorto il giardino era un oliveto da tempo abbandonato invaso dai rovi e altre piante al punto di non avere più una fisionomia individuabile. La prima idea è stata quella di creare delle quinte costruite da alberi e arbusti, giocando sulle variazioni dei verdi e sulle differenti altezze. Alternando radure e piccoli boschi.

E’ un giardino “in movimento” pensato come una passeggiata nel bosco con degli effetti a sorpresa. Diverso quindi per esempio dai giardini all’italiana fruibili “da fermo” con una visione d’insieme. Confesso di aver avuto in mente, nella mia fantasia, certi scenari bucolici della poesia rinascimentale. Ho cercato di non definire confini visibili con gli spazi adiacenti chiudendo, con cespugli fitti, solo quelli che offrivano visioni meno gradevoli e appropriate al progetto.

Non ci sono recinzioni né ostacoli visibili dalla parte che guarda al bosco, al ruscello e agli oliveti. Così non sembrano esserci discontinuità tra il giardino e il resto del territorio e questo aumenta la dimensione dello spazio visibile disponibile.

Come hai accostato le diverse essenze?
Appunto prima creando delle quinte e poi inserendo le piante più fiorite e quelle un po’ più strane e sorprendenti. Mi ha affascinato molto il gioco dei verdi con fioriture sugli alberi e sugli arbusti tali da non essere troppo “invadenti” e attirare troppo l’attenzione. Ho molto curato i profumi in modo da avere nelle diverse stagioni una traccia odorosa.

Spesso le piante più profumate, come l’osmantus, le lonicere, il calicanto, il cestrum e piccole rose rampicanti, hanno fiori piccoli che si percepiscono olfattivamente e come sfondo più che attirare visivamente l’attenzione. Poi ho curato il sottobosco e i margini lungo i sentieri. In un’area ho cercato di valorizzare i colori autunnali e in un’area umida le piante adatte (iris pseudoacorus, papiri, petasites japonica).


Hai voluto creare un classico giardino mediterraneo o hai seguito maggiormente i tuoi criteri estetici?
Molte piante sono quelle tipicamente mediterranee, simili a quelle che nascevano spontanee tutt’intorno. Altre provengono da altre parti del mondo con le stesse caratteristiche ambientali, come i pitosfori, le camelie invernali, le mimose, le nandine, gli edichium.
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Quando è stato il momento di pensare al sottobosco o ai margini ho invece scelto in base alla bellezza delle foglie e dei fiori: acanto, iris iaponica, aspidistria, fucsie, liriope, ciclamini, belle di notte. Solo intorno alla casa mi sono dato la libertà di mettere, in vaso, le piante “strane” secondo un criterio d pura fantasia. Alcune “erbacce” possono dare effetti molto interessanti e piacevoli, quindi cerco di conservarle. Mi piacerebbe “fare un giardino” solo di piante ed erbe selvatiche.


Quanta attenzione ha bisogno il giardino per mantenere ancora le sue caratteristiche?
Premetto che il giardino non è poi grande, come potrebbe sembrare, ma essendo impostato sulle tipiche balze liguri, lunghe e strette, con chiusure e aperture che danno l’effetto “passeggiata”, sembra più grande. Contribuisce anche la continuità con il “fuori”.
Il budget di partenza non era affatto cospicuo. La maggior parte delle piante avevano costi bassi anche perché piantate da piccole. Conviene sempre piantarle piccole perché crescono più veloci e robuste di quelle trapiantate da grandi.

Niente prati all’inglese esigenti, costosi e privi di immaginazione, ma solo un “aiutino” nelle stagioni più secche. Le foglie autunnali vanno lasciate sul terreno raccolte alla base degli alberi, proteggono dal secco e concimano. Hanno bei colori sui toni dell’ocra. Un po’ di potature più severe potrebbero giovare, e in effetti occorre impedire che i cespugli crescano troppo, ma a me piace un aspetto un poco disordinato e più naturale. Qualcuno lo potrebbe trovare appunto un po’ disordinato ma secondo me l’ordine ossessivo e la bellezza del giardino non vanno troppo d’accordo. Un famoso giardiniere che lasciava i prati incolti per ammirare la bellezza dei fiori selvatici e il fervore di vita di api e insetti ti sentì dire da un’ospite sprovveduto: “Certo la manodopera costa cara al giorno d’oggi!”.

Dopo alcuni tentativi ho lasciato perdere le piante bisognose di troppe attenzioni. Alcune piante le ho “rubate” da altri giardini o in natura, sempre piccoli esemplari o semi. Quindi i costi sono sempre stati piuttosto bassi e la manutenzione si limita a qualche innaffiatura nella stagione calda, ad una potatura invernale con smaltimento delle ramaglie e a uno o due tagli nelle zone erbose in tarda primavera. Immediatamente vicino a casa c’è un impianto di irrigazione per le piante in vaso. Una parte di queste cose le faccio io con mia moglie e con piacere e tenendo conto che è una casa di vacanze, in cui non stiamo abitualmente.

Curo anche le malattie delle piante con criteri il più naturali possibili cioè: non pretendere di annullare ogni forma di vita “sgradevole”, ma di limitarne la diffusione spesso con pratiche manuali e lasciando in vita gli antagonisti naturali, agendo invece con decisione solo in caso di infestazioni particolarmente intense e veramente pericolose per le piante (per es. la piralide del bosso che ha fatto morire una parte dei miei bossi). La parte più selvatica del giardino se la cava benissimo da sola, le piante più “raffinate” vicino a casa invece sono più bisognose di cure e attenzioni.

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E con gli animali selvatici come te la sei cavata?
La vicinanza al bosco e la parziale assenza di recinzioni mi espone a tutta una serie di incontri con la fauna selvatica, non sempre di buon vicinato. Ho avuto incursioni di cinghiali che mettono sottosopra il prato che però viene areato e si ricostituisce rapidamente poiché è spontaneo, i tassi mi rovesciavano i vasi per cercare i vermi e ho dovuto interrarli profondamente (intendo i vasi), i peggiori sono stati gli istrici divoratori sistematici di calle e iris.

Ho dovuto rinunciare dolorosamente ad effetti di massa con le iris prima nell’oliveto e poi in giardino, sostituendo peraltro le iris con gli agapantus. In questo caso sono rapidamente passato dalla felice sorpresa per queste presenze a momenti di vero odio distruttivo, comprendendo meglio le ragioni di contadini e pastori e faticando un poco per calmarmi e ritrovare la prospettiva ecologista di prima.
A volte mi sembra che gli “animalisti” capiscano poco del mondo naturale, delle sue leggi e di chi ci vive.

I calabroni sono bestie intelligenti e dopo un paio di volte che si trovano il nido distrutto capiscono che è meglio cambiar aria. Non è necessario fare delle stragi e usare strumenti di sterminio di massa.

Tutti gli altri animali sono ospiti graditi, parte del tutto.
Tutto questo nell’insieme è quello che potremmo definire un giardino “naturale” a bassa manutenzione.




(foto Emilio Fava)
Anna Zacchetti

 
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