ZINOPENSIERO: SCRITTORI ED EPISTOLARI, PROIEZIONE DELL'IO, RETROSCENA, RECONDITI PENSIERI
Gli epistolari degli scrittori presentano sempre qualche riferimento originale alla loro vita o alle loro opere.

Se lo scrittore indugia in una veritiera proiezione della sua personalità e non rincorre la riuscita letteraria degli scritti biografici, potrebbero essere utili per la ricostruzione della sua ispirazione, dei retroscena (se ce ne sono), dei risultati raggiunti dopo la pubblicazione.

Forse, uno scrittore romantico potrebbe più facilmente lasciarsi andare alla delineazione di un sé eroico, intonato sul piano stilistico, insomma proprio di impatto romantico.
Gli epistolari di scrittori della seconda metà dell’Ottocento o della modernità segnano una notevole differenza rispetto a quelli analoghi della prima metà dell’Ottocento.

Compaiono meno segnali autobiografici, si esprimono opinioni forti sul periodo storico vissuto, risultano evidenti tracce delle mentalità esistenti, che sono riportate o per contestarle o per assumerne nei propri scritti una esplicita adesione.
Non c’è dubbio che l’epistolario di D’Annunzio, come, del resto, tutti i suoi esiti di scrittura appaiano circondati da una aureola di eccellenza stilistica e di perfezione tematica.

Nella contemporaneità forse si è persa la caratteristica dell’epistolario come forma di comunicazione indiretta, perché i mezzi di comunicazione attuali sono in grado di far conoscere tanti dati sulla personalità e sulle vicende biografiche degli scrittori.
Tanto più, per il fatto che gli scrittori sono protagonisti di comparse nei media e,quindi, si delineano da sé stessi, anzi tante volte sono sollecitati ad esprimere opinioni su fatti, eventi, situazioni: il ventaglio delle loro opinioni si declina con naturalezza e, direi anche, con chiarezza.

Tra i tanti epistolari consultabili quello che comprende le lettere che Luigi Pirandello indirizzò a Marta Abba appare interessante ed anche, per certi versi, sorprendente, se si considera che Marta Abba pubblicò successivamente le sue lettere di risposta al “maestro”.

Una parte dell’epistolario pirandelliano si occupa delle sue opinioni sulle razze, sugli ebrei e anche sugli omosessuali.
Lo scrittore agrigentino sorprende non poco per le sue esplicite ammissioni, che in buona parte possono essere ricondotte ad una diffusa mentalità vigente nell’epoca in cui Pirandello visse.

“Qui sto combattendo la fede di Cristo tra tutti questi giudei d’avvocati, editori,direttori di teatro e chi più ne ha più ne metta”.
Una sua fotografia gli dà la possibilità di un’allusione antiebraica: “Ma anch’io nella riproduzione sono venuto malissimo, con un nasone da ebreo che consola”.

Tatiana Pavlova era una famosa attrice e regista russa trapiantata in Italia, ma invisa a Pirandello: “… lo scempio che il signor Simoni fa della dignità del nostro paese messa come un tappeto regale sotto i piedi puzzolenti di una vecchia ebrea avventuriera russa, che oltre il decoro gli mangia i denari”.

Epiteti non certo favorevoli sono rivolti a Guido Torre, uomo di fiducia dello scrittore, ma caduto in disgrazia: “Ho passato tre giorni amarissimi, solo come un cane, poiché – gratta, gratta – l’ebreaccio è venuto fuori anche in questo Torre che mi faceva l’amico.”

E più avanti ancora sul conto di Torre: “Ci si è unito anche l’agguato di questo cane giudeo del Torre. … È pur vero che da questa razza maledetta bisogna guardarsi come dalla peste”.
Oltre agli ebrei, una certa attenzione è rivolta anche ai neri: “Figurati che si tratta di una donna bianca che sposa un boxeur negro; e la commedia è piena di negri, e d’una volgarità spaventosa”.

Un capitolo a parte riguarda il meridionale maschilismo, fatto di prepotenza psicologica e verbale.
Il risvolto polemico del maschilismo è l’odiosa omofobia. Il 31 maggio 1930 la rappresentazione del dramma Questa sera si recita a soggetto viene accolta male dal pubblico.

Scrive Pirandello a Marta Abba: “Jersera invece fu l’osceno livore d’una masnada d’invertiti che si scatenò aizzata dal Feist”.
Hans Feist era stato il traduttore di fiducia di Pirandello, ma era stato esonerato dall’incarico.

Pirandello, di solito molto permaloso, ritiene che l’autore di questa cagnara contro il suo dramma sia stato proprio il suo ex traduttore: “… ha mandato una masnada di omosessuali pari suoi, gente ricca che ha pagato regolarmente l’entrata per acquistare il diritto di mostrare in pubblico i fischietti e fischiare.”

Non poteva mancare il tradizionale e scontato riferimento alla pederastia e al pederasta: “Sono andato a vedere, Marta mia, il Fior di pisello di Bourdet; è un lavoro impossibile, di pederasti, dove c’è solo una sconcia parte di vecchia donna, mezzana di questi amori tra uomini e poi tutti uomini di questo genere”.



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Zino Pecoraro