ZINOPENSIERO: LA VECCHIAIA HA LE SUE PENE, MA ANCHE LE SUE GIOIOSE SUGGESTIONI La vecchiaia, in fondo, può essere raffigurata come un necessario, inevitabile declino oppure rappresenta un modo diverso di atteggiarsi della esistenza in una forma inedita, perfino sconosciuta, una modalità anomala di ri-nascita: quello che si fa o si dice nella vecchiaia può apparire inconsueto, imprevisto perfino allo stesso autore delle azioni fatte o delle parole pronunciate. Allora, la vecchiaia potrebbe apparire come un nuovo, inedito cominciamento della vita e, come tutti i cominciamenti, assumere l’aspetto di una giovinezza, se per giovinezza si può intendere solo quello che si fa o si dice, quando l’apparire e il vivere della nuova età si trova nella fase degli esordi. Forse un difetto principale della vecchiaia è che ha pochi cantori, esaltatori: criteri estetici praticati nel tempo hanno tramandato un’idea del bello come armonia delle forme dei corpi, splendore e profumo della pelle, che appartengono tutte alla giovinezza; questa idea del bello esclude le rughe e le malformazioni del corpo vecchio, lo stentare della deambulazione, le pause della memoria, una forma strisciante di abulia. I poeti giovani o vecchi preferiscono sempre cantare lo splendore della “novella etate”, un po’ meno sono propensi ad esaltare un’età che non può essere più “novella”. Chi ha già cantato la giovinezza si sente un po’ meno portato ad usare gli stessi argomenti artistici per esaltare poi, mentre la sta vivendo, la vecchiaia. In questo caso si attiverebbe una imbarazzante contraddizione tra i sentimenti che guidano il sentire poetico di un tempo e i pensieri che gravitano attorno al sentimento presente della vecchiaia. “Senectus ipsa morbus” (P. Terenzio, Phormio, atto IV, scena I). Ma la vecchiaia è davvero una malattia, conduce alla perdita di ogni suggestione vitale, ad un immobilismo? La risposta può essere data solo in rapporto alle svariate esperienze che ogni essere umano prova nel corpo e nello spirito: direi, in prevalenza, nel corpo. Perché il declino affievolisce ogni stimolo alla operosità, condiziona ogni progetto, allontana la socialità. In effetti, nel nostro tempo il consumismo imperante esclude, in una buona percentuale, i senes come destinatari dei messaggi pubblicitari: la percentuale delle operazioni pubblicitarie si rivolge ai giovani e crea degli standard esteriori ed interiori che sono coerenti con il programma consumistico. Una pubblicità sui senes richiama sforzi immani di adattamento ad una perduta efficienza fisica oppure conduce alla configurazione tradizionale degli ambiti operativi tipici della terza età. “Aveva posto piede su una nave solo in tarda età quando ormai il suo corpo era solo un intignarsi della cuticagna, appannarsi della vista, mocciar del naso, bucinar delle orecchie, ingiallir del dentame, irrigidirsi della cervice, imbargigliarsi del gorgozzule, impodagrarsi dei talloni, avvizzir del coiame, inscialbirsi del crine, crepitar delle tibie, tremolar dei diti, incespar dei piedi, e il suo petto era un solo spurgar di catarri tra sornacchi di bava e scacchiare di saliva.” (Umberto Eco, L’isola del giorno prima, p. 278). Una breve nota sulla perizia linguistica di Umberto Eco, che del resto è frequente nella sua scrittura: la catena di elementi grammaticali, verbi, aggettivi, sostantivi. È una perizia che denota estrema duttilità stilistica, ma anche una straordinaria padronanza dei mezzi espressivi, che sono utilizzati in serie e con numerose variationes. Perfino il bagaglio linguistico del mio correttore automatico sconosce i seguenti verbi: mocciar, imbargigliarsi, impodagrarsi, inscialbirsi, incespar. Eppure, nonostante questa reale constatazione della generale condizione della senectus, lo stesso Eco, in una famosa citazione, ritiene che l’occupazione più adatta per tutte le età, ma, in particolare, per la vecchiaia, sia rappresentata dalla lettura, perché solo questo esercizio può assicurare serenità, pacificazione interiore, equilibrio psicologico. “In omnibus requiem quaesivi, et nusquam inveni nisi in angulo cum libro.” (Thomas Kempis citato in “Il nome della rosa” di Umberto Eco) Apparso anche su Facebook e su la Sicilia del 30 ottobre 2022. Zino Pecoraro
|