ottobre 2024
BACH ED IL BIG-BANG
Mi sono chiesto spesso: chissà da dove viene la musica di Bach.
Anzitutto, lui sapeva di essere Bach, il più grande musicista mai vissuto? Credo di sì. E in questo caso sapeva più di quanto noi potremo mai sapere sulla sua musica.

Se guardi lo spartito sono spesso scale ascendenti e discendenti in equilibrio, fughe a specchio con due note fuori che sono indispensabili, poi battute con solo note doppie, triple o quadruple che tu non senti, in molti punti sembrano due strumenti in contrappunto.

Ma tutto è perfetto, ogni nota è indispensabile, ogni spazio. È la matematica, le frequenze delle note sono tra loro in proporzione matematica.

Un pianista disse: se sono malato e suono Bach, guarisco. Quando i Mendelssohn padre e figlio portarono a Rossini gli spartiti trovati ad Amburgo, lui disse: è un miracolo di Dio.

Quando sentiamo la sua musica, le partite per violino solo, le suite per violoncello anche con le scordature, i pezzi per organo, per clavicembalo, le cantate, inizi a sentire qualcosa che ti scende nel corpo, nella mente, ti riempie, ti mette in equilibrio corpo e mente, ti dà felicità.

Alcuni brani come “Aria sulla quarta corda” non comunicano solo col cervello ma sono così profondi da accarezzare gli atomi. Potremmo avere un ricordo della “età dell’oro” presente in tutte le culture, anche se si tratta di miti, ma per tutti la felicità sta più nel passato che nel presente.

Cosa succede dentro di noi? Una risonanza, fenomeno di amplificazione di un’onda, il suono trova dentro di noi qualcosa di cui il nostro io ha il ricordo? O è la materia che ci compone che possiede il ricordo, gli atomi, le particelle elementari si ricordano?

Forse reagiamo a impulsi che sono tra loro in connessione matematica, questo ci dà equilibro.
Se fossimo nel 1300, potremmo dire che è la musica delle sfere celesti che ruotano, ma non funziona più.

La natura? Se così fosse sarebbe ben nascosta negli anfratti delle cascate i cui spettri sonori contengono tutto l’udibile ma non riusciamo a leggere i suoi messaggi. Nella materia definita dalla fisica quantistica ci sono solo oscillazioni musicali, come disse Max Plank oltre un secolo fa.

Forse dovremmo sentire, vedere, cogliere tutte le frequenze di tutte le onde esistenti da 1x10-39 Hertz a 1027 x0,124 e capiremmo il messaggio.
Bach aveva questa sublime armonia dentro di sé, è l’unica spiegazione.
Ma, visto l’effetto che ci fa, non riguarda solo lui, è qualcosa di universale. La musica dell’universo?

La materia che noi riusciamo a conoscere è fatta di vuoto, con particelle così distanti tra loro che non sappiamo dove siano, a che velocità si muovano (Heisenberg volgarizzato). Se il protone fosse grande come un’arancia appoggiata sul nostro tavolo, l’elettrone sarebbe mediamente alla distanza del sole.

“Horror vacui” non solo in architettura ma pervade la nostra vita. Gli uccelli non hanno paura del vuoto ma hanno un cervello minuscolo, si occupa di cibo e riproduzione.

L’entropia, da quando ho capito cosa rappresenti la parola, mi trasmette grandezza e fastidio. È connessa al disordine, se questo aumenta lo fa anche l’entropia. È un vettore monodirezionale, qualunque cosa facciamo l’entropia aumenta.

Andiamo indietro nel tempo. Ieri l’entropia aveva un valore minore di oggi, e così via.
Indietro, indietro, l’entropia ha un valore che diminuisce sempre più piccolo, vicino allo zero, quasi -273°K fino al big bang.

L’idea è che 1 tP (tempo di Planck) prima la materia e l’energia fossero un unicum compatto, senza gli spazi tra le particelle, in equilibrio elettromagnetico, in armonia, che con le loro quantiche oscillazioni emettevano una musica, esisteva solo la musica, perfetta, poi si è spezzata la perfezione della musica, ma ne sono rimaste tracce nella polvere cosmica, nella termica a 3°Kelvin, negli equilibri dei pianeti attorno alle loro stelle, nella materia silicea ed organica. Sembra che tutto stia cercando un nuovo equilibrio.

Se prima del big bang tutto era raccolto in un punto solo, senza gli spazi tra le particelle, Johan Sebastian ne ha sentito dentro di sé le tracce ed ha usato quello che aveva sottomano, gli strumenti del 700, e ci ha mostrato quello che potrebbe essere un pallido ricordo dell’arcaico, che noi riconosciamo senza capirlo.
Le scordature nella suite n.5 per violoncello solo, potrebbero corrispondere ai segnali che qualcosa iniziò a corrompersi nella musica primordiale, l’equilibrio diventò instabile e tutto esplose.

Le “stecche” fuori dalla successione di note che noi troviamo naturale, potrebbero essere il ricordo che l’universo ha della fine dell’equilibrio, l’inizio della tragedia, l’esplosione. Anche noi che siamo le briciole del passato crediamo di sentire l’eco della tragedia.

Sì Johan Sebastian sapeva di essere Bach.



Folco de Polzer

 
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