settembre 2024
ZINOPENSIERO: SULPICIA, IL POETAR AL FEMMINILE E IL DIFFICILE OUTING.
La condizione femminile nel mondo antico non prevedeva una forma, anche minima, di emancipazione.
Il gineceo nel mondo greco era il luogo deputato a contenere e a scoraggiare, metaforicamente e materialmente, tutte le velleità eroiche di protagonismo femminile.
Saffo e il suo tiaso costituivano una virtuosa eccezione, che era caratterizzato da una nobile, dolce e delicata produzione poetica; hanno sfidato “di mille secoli il silenzio”.
Il mondo romano era maschilista per comportamento e per scelte culturali: la centralità – certe volte apparente – del vir soverchiava anche quei piccoli anfratti dove la creatività e l’individualismo femminile potevano dare prove di sé.
In una società, dominata dal machismo, quale posto poteva spettare alle donne artiste, creative, prese dalla passione e dalla ispirazione poetica?
Era escluso per principio la spazio comunicativo per le donne, che accettavano questa sopraffazione, come tante altre forme simili.
Si può spiegare in questo modo l’assenza quasi totale di poetesse nel panorama artistico di Roma. Per la verità, anche in epoche successive, la presenza femminile nella produzione poetica è stata minoritaria, quasi naturalmente repressa in una società maschilista che poco spazio era disposta a concedere all’autonomia di pensiero e di ispirazione delle donne.
Per questo motivo appare in buona parte sorprendente la presenza nel Corpus Tibullianum della poetessa Sulpicia.
Già la difficoltà stessa di individuare nei vari codici a noi pervenuti i testi effettivamente scritti dalla poetessa dimostra, alla fine, come anche nella materiale trascrizione delle poesie scritte da Sulpicia ci sia stata una forma, volontaria o involontaria, di censura.
Per questo motivo la esegesi sui testi e l’individuazione della loro effettiva attribuzione a Sulpicia costituiscono una disputa tra gli studiosi al punto che in alcune pubblicazioni dei testi paradossalmente sono indicati due autori: Sulpicia o Tibullo.
Come se la prima non potesse fare a meno del sostegno del secondo. Eppure, le elegie di Sulpicia hanno una loro peculiarità, un tocco di grazia femminile che le differenziano rispetto a quelle corpose, dense di tematiche individuali, sociali e politiche di Tibullo.
“Qualunque gesto ella faccia, / dovunque muova ella il passo, / in segreto la regola / e la segue la Grazia. // Snoda i capelli, e sta bene / a trecce sciolte: li annoda, / e si rende adorabile / con le chiome annodate. // Se viene avanti nell’abito / di porpora arde ella i cuori: / li arde, se viene nella / veste nivea, splendente.” (Tibullo, Elegie, p. 146).
Un testo sicuramente attribuito a Sulpicia presenta un sensuale, geloso racconto del suo innamoramento, che comprende la richiesta di discrezione e di solitudine: “L’amore alfine è arrivato, / ed occultarlo al pudore / più che aprirlo a qualcuno / mi sarebbe vergogna. // Pregata dalle mie Muse, / me lo portò Citerea, / ed ella lo dispose / entro le nostre braccia. // Venere fu di parola: / e se diranno che alcuno / di suoi non ne ebbe, quello / racconti i miei piaceri. // … piace il peccare, ma secca / il fare un viso contrito; / si dica ch’eravamo / degni l’una dell’altro.” (Tibullo, cit. p. 156).
La duplicità di un sentimento che si manifesta cocente e coinvolgente, ma che si cerca di dilatare nel tempo in una forma gioiosa di apparente rifiuto, ma di sostanziale attrazione.
Alla fine, prevale la certezza di un legame inscindibile e duraturo che supera le apparenze e si proietta verso una sensuale possessione che vibra di attrazione e di desiderio: “Ch’io non sia più, vita mia, / la tua cocente passione, / come lo fui, ritengo, / in questi ultimi tempi, // se in tutta la giovinezza / ho mai commesso, da sciocca, / un errore di cui / mi confessi pentita, // come l’averti lasciato / solo, la notte di ieri, / per tentar di nascondere / la febbre che mi brucia.” (Tibullo, cit., p. 161).
Una breve e concisa silloge dei temi propri della poetessa che, pur nell’esigua presenza di testi, rivela una passione intensa ed una singolare capacità di tradurla nei versi.
Un riferimento a Sulpicia si trova, poi, tra gli “Epigrammi” di Marziale, un giudizio largamente positivo che fa della poetessa un vero baluardo di un amore delicato, proteso verso la tenerezza e la solidarietà: “Le ragazze che vogliono piacere / a un uomo solo leggano Sulpicia / i mariti che vogliono piacere / solo alle mogli leggano Sulpicia. / Ella non prende a soggetto il furore / di Medea, né ci parla del banchetto / del feroce Tieste, ella non crede / all’esistenza di Scilla e di Biblis, / ma ci insegna gli amori casti e puri / con le loro delizie, i loro giochi / e facezie. “(Marziale, Liber X, XXXV).
Sulpicia merita una lettura.
Apparso anche su facebook e su La Sicilia del 7 luglio 2024.
Zino Pecoraro