LA GRU
La gru è uno degli uccelli volatori più eleganti e più grandi, alcuni individui possono infatti sfiorare i due metri di altezza, con un’apertura alare di quasi due metri e mezzo; possiede zampe e collo lunghissimi.

Specie gregaria, frequenta aree vicine a specchi d’acqua e praterie umide; si nutre in prevalenza di sostanze vegetali come bacche, grani, erbe e radici, ma non disdegna insetti, vermi, lumache, anfibi, rettili e piccoli uccelli.

La gru comune o cenerina (Grus grus) è diffusa in Europa ed ha un areale di nidificazione molto ampio che si estende dalla Lapponia fino alla Spagna; durante l’inverno migra verso sud e sverna in Africa settentrionale e centrale. Questa specie è molto rara in Italia, ma alcuni individui svernano in Toscana, in Sicilia e Sardegna e sembra che qualche coppia nidifichi regolarmente nelle aree paludose delle Valli di Comacchio, a sud del delta del Po, sul Mar Adriatico.

Secondo quanto riportato dal poeta greco Esiodo nelle sue Opere e i giorni, sembra che la gru svernasse, in passato, anche in Grecia: “Fa poi attenzione, quando tu odi il verso della gru, che ogni anno strepita dall’alto delle nubi: essa reca il segnale dell’aratura e dell’inverno piovoso, indica la stagione…”. Nel corso dei secoli hanno ispirato i popoli di tutto il mondo che le hanno identificate con una moltitudine di significati e simbologie; gli aruspici ne osservavano attentamente il volo e da esso traevano preziose indicazione sul futuro.

La caratteristica formazione di volo a forma di V rovesciata, che lo stormo assume durante la migrazione, è stata alla base di alcuni simbolismi attribuiti alla gru; nella sua Storia Naturale Plinio il Vecchio così le descrive: “Volano in alto per vedere lontano davanti a sé, scelgono un capo da seguire e in coda alla schiera, a turno, dispongono esemplari che emettono grida e con la loro voce mantengono serrato lo stormo. Durante la notte hanno delle sentinelle che reggono con la zampa una piccola pietra perché, se questa scivolerà dalla stretta per il sonno e cadrà, ne rivelerà la negligenza; le altre gru dormono con la testa nascosta sotto l’ala, stando ora su un piede, ora su un altro. Il capo sorveglia invece con la testa eretta e dà gli ordini”.

Le gru raggiungono grandi altitudini, durante gli spostamenti migratori possono raggiungere anche i 3.000 metri di altitudine; le gru della Manciuria (Grus japonensis) raggiungono anche i 9.000 metri di quota quando sorvolano le cime himalayane.

Proprio la gru della Manciuria è protagonista di una leggenda delle regioni dell’Asia nord-occidentale in cui si racconta che le gru sacre si rechino ogni anno su un’alta montagna dell’Asia centrale, un luogo irraggiungibile da qualsiasi altro essere vivente. Dopo un lungo digiuno discendono, rinvigorite, dalle alte vette portando dentro di sé un raggio simbolo della presenza e della benedizione divina.

La falsa credenza, riportata da Plinio il Vecchio, della pietra tenuta nella zampa venne ripresa nel Medioevo e servì per additare la gru come il simbolo della vigilanza, della previdenza, e della prudenza spirituale. In seguito, sia in oriente che in occidente, la gru venne considerata anche come simbolo di protezione, data che vigilando sulle altre compagne le protegge.

Cicerone, nella sua opera La natura degli dei, descrive in maniera precisa le gru, in particolare la formazione a triangolo rovesciato che assumono durante la migrazione: “Le gru, quando attraversano il mare dirigendosi verso i luoghi caldi, si dispongono a triangolo: la resistenza dell’aria viene vinta dalla sommità del triangolo, e poi gradualmente su entrambi i lati il volo degli uccelli è facilitato dalle ali simili a remi; la base del triangolo prodotta dalle gru si giova, per così dire, del vento in poppa; esse appoggiano la testa e il collo sulla schiena di quelle che volano davanti; siccome la guida non può fare questo perché non ha un punto di appoggio, appena è stanca si sposta indietro per poter riposare e al suo posto subentra una di quelle che hanno riposato, e questo avvicendamento è mantenuto per tutto il viaggio”. Per quanto sopra descritto, la gru simbolo di un insieme ordinato e di disciplinato diviene anche simbolo di lealtà; la vigilanza e la lealtà erano caratteristiche attribuite al dio Saturno e di conseguenza la gru venne consacrata a questo dio.

Le cerimonie di corteggiamento che le gru compiono durante la stagione degli amori hanno dato ispirazione ad ulteriori simbologie nei vari popoli; le gru compiono delle vere e proprie danze, con ripetuti inchini ad ali semiaperte, frammisti a salti verso l’alto che possono anche raggiungere i 5-6 metri di altezza.

In Cina la danza delle gru evoca il volo verso le Isole degli Immortali; nel taoismo questo uccello è anche simbolo dell’immortalità. In Giappone la falsa credenza secondo cui le gru possono vivere per migliaia di anni, le ha fatte diventare anche simbolo di longevità; in realtà si conosco esempi di gru vissute in cattività al massimo fino all’età di 70 e anche 80 anni.
In India, invece, a causa di alcuni atteggiamenti che la gru assume durante la danza nuziale, viene considerato il più falso degli uccelli e di conseguenza diventa simbolo di tradimento; viene infatti definita ingannevole ed ad essa devono il nome le dee dalla testa di gru, simbolo di crudeltà, della magia nera, del veleno e dell’istinto di distruzione.

In Egitto e in Grecia è stata anche simbolo dell’anima che una volta sopraggiunta la morte, si innalza verso il cielo.

A questo elegante uccello è stata anche dedicata una costellazione, che prende appunto il suo nome; è costituita dalle stelle che si trovano sotto il Pesce australe, due di loro sono piuttosto luminose e sono Alnair (α Gruis) e β Gruis, una gigante rossa.

Ai giorni nostri viene chiamato gru quel macchinario utilizzato per sollevare i grandi carichi e caratterizzata dal lungo braccio mobile che ricorda proprio il lungo collo di questo uccello.


Testi tratti parzialmente dalla collana “Atlante degli animali” del Corriere della Sera, anno 2006
Gianluca Ferretti